mercoledì 7 agosto 2013

Kultural, agosto 2013

Kultural

Secondo Wikipedia, un noir è un romanzo poliziesco in cui il lettore è invitato a riflettere sulla realtà che lo circonda, e caratterizzato da un finale non consolatorio.

In base a questa definizione, Dritto Al Cuore è certamente un noir, e ogni amante del genere troverà quello che si attende: un delitto recente, un mistero meno recente, personaggi che si interrogano, che cercano la loro strada nella vita navigando a vista tra gli scogli delle incertezze.

Quello che non ci si aspetta da un noir è che abbia una prosa dalla tessitura di seta.
Sin dalle prime pagine si viene avvolti da una narrazione cristallina e rarefatta come il luogo in cui avviene l’azione, un villaggio walser d’alta quota, in cui si incrociano le vicende dei locali e dei turisti. Quasi a metà strada tra le due categorie c’è Maria Dolores Vergani, ispettrice di polizia in aspettativa, ritornata nel luogo delle sue estati da bambina per lenire le ferite dell’animo e cercare una meta verso cui indirizzare la propria esistenza.
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A sconvolgere il suo riposo, che ha un sentore di autoreclusione, è il ritrovamento del cadavere di una donna abbandonata nel bosco. Maria Dolores non vorrebbe indagare, ma inevitabilmente viene spinta a farsi domande, incrociando in modo altrettanto inevitabile un mistero più antico, che coinvolge un’altra donna, morta troppo giovane, un uomo che non si mostra mai, e un’altro che ha dimenticato tutto.
E a questo punto non può più tirarsi indietro, perché «si muore troppo noi donne, in troppi modi diversi. Di malattia, incurabile, non necessitata, eppure impossibile da evitare. Si muore di dolore, di paura e di noia. Si muore di sogni svaniti e di speranze evanescenti, di troppa dedizione e di parole aride. Di violenza e di rabbia. Si muore dimenticate o dimenticandosi che c’è sempre qualcuno che resta».
A cercare di fare luce su quelle morti troppo spesso ignorate sono proprio tre figure femminili: diverse, eppure complementari.
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Maria Dolores è in quell’età, «quella zona innominata tra quando si è signorine e single e quando non si è mogli né madri, e nemmeno del tutto anziane o vecchie»un tempo in cui si può ancora prendere in mano la propria vita, cambiare strada o sognare un amore.
Poi c’è Ariel, l’unica adolescente del villaggio, cresciuta da un nonno che la tratta quasi come una delle sue mucche: «D’inverno in bassa valle, d’estate su alle malghe. Come le mucche, la nutriva con il meglio che poteva, come loro la riportava a casa la sera e la lasciava uscire il mattino seguente».
Incerta sulla vita e sull’amore, Ariel ha però la saggezza istintiva della montagna e la capacità di giungere al cuore delle cose.
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Infine, a vegliare su tutti, la figura silenziosa che sta all’interno di una casa che è il vero cuore del villaggio, la presenza più antica, legata a un altro tempo, i cui occhi, però, non hanno smesso di guardare: «Non so graffiare di rabbia, non so sputare rancore, non tiro paura a calci.
Sono parte del mondo e porzione d’avanzo.
Sono centro della vita e margine distinto.
Resto, attendo e da qui, ferma, continuo».
Insieme dovranno dipanare complicati errori del destino, sapendo che alla fine c’è forse la consapevolezza, non certo la consolazione. Intorno a loro giganteggia la montagna, con la sua geografia reale e simbolica, con i suoi abitanti, gli animali e gli spiriti.
Del resto, la lettura di Dritto Al Cuore è come un’ascesa. A tratti dolorosa, ma capace di regalare scorci e visioni illuminanti.

Qui l'originale dell'intervista.


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